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Debolezze // Marco Dell'Amura

Fin da che ero bambina tutte le mie estati le ho vissute fronte mare. Sarà per questo che l’elemento che sento mio ancor più del fuoco è l’acqua salata: ci passavo ore, galleggiando e aspettando che mi spuntasse la coda come ad Ariel.


Ho amato così tanto il mare da legare a lui tutti i miei ricordi felici: il primo amore, le amicizie forti come l’acciaio, le prime notti fuori, le albe, le stelle cadenti, la mia ultima prima volta.


Ho amato così tanto il mare, Marco, da volerlo vedere in inverno.

Ora, so che ti starai chiedendo il perché di tutte queste parole, ma quando leggo qualcosa che mi piace, qualcosa che riesce a toccarmi dentro, nelle vene, quel testo lo associo automaticamente ad un ricordo: è così che catalogo la vita, quello che voglio che mi rimanga addosso delle esperienze.

Associo le sensazioni di oggi a quelle di ieri, ed in questo modo diventano reali, indelebili, eterne.


Dicevo, desideravo vedere le mie onde in inverno, non mi sono mai sentita completa finchè non ce l’ho fatta a trovarmi fronte mare in un pomeriggio di novembre, con delle dita che si stringevano alle mie e il naso congelato dal vento che soffiava forte.

Sono stata ferma un po’, davanti a quel mare mosso e grigio, e mi sono sentita debole.

Non debole perché fiacca, stanca o inutile.

Debole perché umana, perché piccola davanti alla grandezza del mondo, impotente ma stranamente immensa.


È così che mi ha fatta sentire “debolezze”: umana, minuscola e allo stesso tempo gigantesca, tanto da potermi sentire io, mare.

Tanto da pensare che la voglio davvero una vita vista mare, soprattutto in senso figurato.


Non ho bisogno di un balcone davanti alle onde per sentirmi come se il mare mi fosse attorno ogni giorno: tutto quello di cui ho bisogno è una piccola finestra sui moti incessanti del cuore, sulle maree che cambiano ma che mai si interrompono, sul vento che soffia da est e scombussola piani e sogni, ma non rade mai al suolo nulla.


Una finestra sulla vita, sul mio essere umana, sul panorama del mio continuo frangermi e ricompormi di fronte agli scogli dell’esistenza.


Le tue poesie, per me, sono state quella finestra.


Grazie.




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