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Ipazia // Adriano Petta, Antonino Colavito

« Sussurrò: - Perché viaggi? -
- Voglio conquistare il mondo e fuggire dal mondo, io non posso star ferma. -
Domandò ancora: - Perché non viaggi? -
- Perché il mondo è dentro di me. - »

Ipazia è una di quelle donne morte in nome della libertà di pensiero.

Nata fra il 355 e il 370 ad Alessandria d’Egitto, Ipazia è stata una matematica, filosofa e astronoma.

Cercare di etichettarla solamente in una di queste categorie sarebbe un insulto al suo operato: era una donna di grande cultura, sicura delle proprie idee e pronta a sostenerle nonostante tutto.

Una donna di scienza, fedele al suo credo, riposto da sempre in numeri e leggi fisiche.

E, da donna di scienza, non era disposta a spostarlo in un ideale religioso.

Non si convertì mai al cristianesimo, per questo venne lapidata, nel 415, da una folla di fanatici religiosi.

In un momento storico in cui la cultura e la scienza venivano ripudiate in nome del cristianesimo, Ipazia commesse solamente un crimine: 𝘱𝘦𝘯𝘴𝘢𝘳𝘦.

Forse, ne commesse anche un altro: credere nel suo pensiero.

Il romanzo pubblicato da La Lepre Edizioni favorisce una riflessione importante: il fanatismo religioso troppe volte, nella storia dei dogmi, è stato nemico della libertà di pensiero, del sapere.

Ma soprattutto, è stato fonte costante di discriminazioni nei confronti delle donne.

Ipazia è una martire del sistema. Ma non è la sola: tutte quelle donne uccise perché non si sono preservate caste fino al matrimonio, tutte quelle donne obbligate a sposare chi le ha disonorate, i propri aguzzini, per non recare danno alla propria famiglia.

Ecco, Ipazia non si è piegata.

Come lei, altre donne non si sono piegate.

E io, finchè ne avrò modo, mi schiererò sempre al loro fianco.




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