« Sussurrò: - Perché viaggi? -
- Voglio conquistare il mondo e fuggire dal mondo, io non posso star ferma. -
Domandò ancora: - Perché non viaggi? -
- Perché il mondo è dentro di me. - »
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Ipazia è una di quelle donne morte in nome della libertà di pensiero.
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Nata fra il 355 e il 370 ad Alessandria d’Egitto, Ipazia è stata una matematica, filosofa e astronoma.
Cercare di etichettarla solamente in una di queste categorie sarebbe un insulto al suo operato: era una donna di grande cultura, sicura delle proprie idee e pronta a sostenerle nonostante tutto.
Una donna di scienza, fedele al suo credo, riposto da sempre in numeri e leggi fisiche.
E, da donna di scienza, non era disposta a spostarlo in un ideale religioso.
Non si convertì mai al cristianesimo, per questo venne lapidata, nel 415, da una folla di fanatici religiosi.
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In un momento storico in cui la cultura e la scienza venivano ripudiate in nome del cristianesimo, Ipazia commesse solamente un crimine: 𝘱𝘦𝘯𝘴𝘢𝘳𝘦.
Forse, ne commesse anche un altro: credere nel suo pensiero.
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Il romanzo pubblicato da La Lepre Edizioni favorisce una riflessione importante: il fanatismo religioso troppe volte, nella storia dei dogmi, è stato nemico della libertà di pensiero, del sapere.
Ma soprattutto, è stato fonte costante di discriminazioni nei confronti delle donne.
Ipazia è una martire del sistema. Ma non è la sola: tutte quelle donne uccise perché non si sono preservate caste fino al matrimonio, tutte quelle donne obbligate a sposare chi le ha disonorate, i propri aguzzini, per non recare danno alla propria famiglia.
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Ecco, Ipazia non si è piegata.
Come lei, altre donne non si sono piegate.
E io, finchè ne avrò modo, mi schiererò sempre al loro fianco.
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