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L'alto nido // Roxane Van Iperen

« Uomo, osa vivere. »

Questa è la frase che rimbomba nella testa del lettore fin dal primo momento in cui viene preso per mano dalle sorelle Brilleslijper e accompagnato nelle loro indimenticabili scelte.

Lien e Janny crescono credendo nell’indipendenza e nell’uguaglianza, valori che si vanno a rafforzare ulteriormente quando in Olanda iniziano i primi rastrellamenti voluti dalla follia nazista.

La loro filosofia è semplice: non piegarsi, cercare di scampare a tutti i costi la trappola mortale costruita per chi, come loro, è nato ebreo, e continuare a credere nei propri ideali senza mai desistere, anche quando la pressione aumenta, anche nel momento in cui chi, vicino a loro, viene catturato e ucciso.

Lien e Janny resistono, combattono, sopravvivono per loro e per il maggior numero di persone che riescono a trarre in salvo nel bel mezzo della tempesta.

Gestiscono l’Alto Nido, villa che trasformano nel loro porto sicuro ma che, forse, così sicuro non era.

Succede che vengono tradite, succede che vengono deportate, succede che provano sulla loro pelle il bruciore dell’inferno.

“L’alto nido” è 𝘂𝗻 𝗶𝗻𝗻𝗼 𝘂𝗿𝗹𝗮𝘁𝗼 𝗮 𝘀𝗾𝘂𝗮𝗿𝗰𝗶𝗮𝗴𝗼𝗹𝗮 𝗶𝗻 𝗳𝗮𝘃𝗼𝗿𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗿𝗶𝗯𝗲𝗹𝗹𝗶𝗼𝗻𝗲, 𝗱𝗲𝗹 𝗰𝗼𝗿𝗮𝗴𝗴𝗶𝗼, 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝘀𝗰𝗲𝗹𝘁𝗮 𝗱𝗶 𝗺𝗲𝘁𝘁𝗲𝗿𝗲 𝗿𝗮𝗱𝗶𝗰𝗶 𝗱𝗼𝘃𝗲 𝗶𝗹 𝗺𝗼𝗱𝗼 𝘀𝘁𝗮 𝘀𝗿𝗮𝗱𝗶𝗰𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗮𝗹𝗯𝗲𝗿𝗶.

È un manifesto in favore della testardaggine pericolosa ed imprevedibile di chi nelle vene non ha sangue ma audacia.

Un’avventura che non si sarebbe dovuta rendere necessaria ma che, proprio perché avvenuta, sa regalare un nuovo paio di occhi con cui guardare alla vita.

Come quando ti scotti sotto al sole di luglio e, tornato in casa, puoi finalmente metterti un po’ di balsamo rinfrescante: sul momento hai la pelle che brucia come il più acceso dei falò, ma poi il caldo lascia posto al sollievo.

Il libro di Roxane è tutto questo: sicuramente doloroso, a tratti surreale, senza alcun dubbio estremamente necessario.




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