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Le città invisibili // Italo Calvino

Giro l’ultima pagina stanca e con i piedi doloranti per quanto ho camminato.

È stato un lungo viaggio, uno di quelli che quando finiscono ti fanno ritrovare diverso.

Ti guardi allo specchio e sei ancora tu, ma non sei più tu.

Ne escono cambiati i miei occhi, ne esce cambiata la mia idea di mondo, ne esce cambiato il valore che voglio riservare ai momenti.

È stato un lungo viaggio: mi sono riparata dal sole tra le ombre delle virgole, ho corso lungo i dialoghi e riposato seduta comodamente sugli accenti.

Chiudo questo libro come serro gli occhi in attesa del decollo che mi riporta verso casa: stretto stretto, cercando il modo di infilarmelo sotto la pelle, di macchiarmici l’anima, di fissarmelo indelebilmente sotto le palpebre.

Grazie Italo, per essere sempre stato l’unico capace di insegnarmi a vedere ciò che inferno non è e a dargli spazio, e a farlo durare.

È stato un lungo viaggio, tortuoso e variegato, ma lo ricorderò come uno dei più belli fatti negli ultimi anni.

Si parla di città, in teoria, ma in queste pagine ho trovato tanta di quella vita, tanta di quella speranza, tanto di quel coraggio da uscirne rivitalizzata.

“𝘋𝘪 𝘶𝘯𝘢 𝘤𝘪𝘵𝘵à 𝘯𝘰𝘯 𝘨𝘰𝘥𝘪 𝘭𝘦 𝘴𝘦𝘵𝘵𝘦 𝘰 𝘭𝘦 𝘴𝘦𝘵𝘵𝘢𝘯𝘵𝘢𝘴𝘦𝘵𝘵𝘦 𝘮𝘦𝘳𝘢𝘷𝘪𝘨𝘭𝘪𝘦, 𝘮𝘢 𝘭𝘢 𝘳𝘪𝘴𝘱𝘰𝘴𝘵𝘢 𝘤𝘩𝘦 𝘥à 𝘢𝘥 𝘶𝘯𝘢 𝘵𝘶𝘢 𝘥𝘰𝘮𝘢𝘯𝘥𝘢”.


Non vale solo per le città, Italo.

Vale anche per i libri, per gli occhi, per le stelle, per le onde del mare.

Tu qui mi hai risposto, urlando a squarciagola.

E io ti ho sentito con ogni fibra del mio corpo.





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