« Quelli come noi [...] non hanno nessuno al mondo a cui importi un fico secco di loro… »
« Ma noi no, » esclamò Lennie gioioso. « Di’ di noi. »
Per un momento George rimase in silenzio. « Ma noi no, » disse.
« Perché io ho te e… »
« E io ho te. Noi ci abbiamo l’un l’altro. »
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Carissimo John,
andrò dritta al punto perché penso che sarà così che comunicheremo noi due d’ora in poi: senza fronzoli, dicendo addio alle frasi studiate e abbracciando la vena imprevedibile dell’esistenza.
Mi hai preso il cuore a calci.
E io non so se dirti grazie o confidarti che non riuscirò mai a perdonarti per questo.
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Era ormai un intero anno che non riuscivo a vivere le pagine lette con tutta l’anima, con la spina dorsale, con le unghie mangiucchiate per l’ansia e gli occhi appesantiti dal dolore.
Poi è arrivato Lennie con i suoi conigli e io ho perso la cognizione della mia realtà, finendo completamente assorbita dalla sua. Ho sognato veramente di avere un pezzo di terra e sentirlo mio, perché in fondo oggi il difficile non è possedere qualcosa, ma riuscirci senza venirne posseduti di rimando.
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Una cosa devo confidartela, però: non hai scritto niente di speciale. È una storia talmente semplice da essere imbarazzante, eppure sei riuscito comunque a trafiggermi l’anima come pochi altri sono stati in grado di fare.
L’hai fatto puntando tutto sulla purezza dell’innocenza, invitando gentilmente il lettore a guardare il mondo attraverso gli occhi senza colpa del bambino che ognuno di noi si porta dentro. Certo, poi c’è chi, come Lennie, quello sguardo non se lo riuscirà mai a togliere dalle ciglia e finirà per essere la conclusione drammatica di un’esistenza sconclusionata. Ma tu questo già lo sai, perciò grazie John, per avermi spaccato il muso con i pugni carichi di ingiustizia, di incomprensione, di brutalità.
Mai come oggi ne avevo bisogno.
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Non vedo l’ora di farmi calpestare da un’altra tua storia.
Mi sono chiesta spesso cosa ti rendesse così speciale e, dopo aver conosciuto Lennie e George, credo di averlo finalmente capito: la facilità con cui rendi accessibile, in una manciata di pagine, il dolore sordo e lancinante che permea l’esistenza di ognuno di noi.
A presto, John.
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