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Uomini e topi // John Steinbeck

« Quelli come noi [...] non hanno nessuno al mondo a cui importi un fico secco di loro… »
« Ma noi no, » esclamò Lennie gioioso. « Di’ di noi. »
Per un momento George rimase in silenzio. « Ma noi no, » disse.
« Perché io ho te e… »
« E io ho te. Noi ci abbiamo l’un l’altro. »

Carissimo John,

andrò dritta al punto perché penso che sarà così che comunicheremo noi due d’ora in poi: senza fronzoli, dicendo addio alle frasi studiate e abbracciando la vena imprevedibile dell’esistenza.

Mi hai preso il cuore a calci.

E io non so se dirti grazie o confidarti che non riuscirò mai a perdonarti per questo.

Era ormai un intero anno che non riuscivo a vivere le pagine lette con tutta l’anima, con la spina dorsale, con le unghie mangiucchiate per l’ansia e gli occhi appesantiti dal dolore.

Poi è arrivato Lennie con i suoi conigli e io ho perso la cognizione della mia realtà, finendo completamente assorbita dalla sua. Ho sognato veramente di avere un pezzo di terra e sentirlo mio, perché in fondo oggi il difficile non è possedere qualcosa, ma riuscirci senza venirne posseduti di rimando.

Una cosa devo confidartela, però: non hai scritto niente di speciale. È una storia talmente semplice da essere imbarazzante, eppure sei riuscito comunque a trafiggermi l’anima come pochi altri sono stati in grado di fare.

L’hai fatto puntando tutto sulla purezza dell’innocenza, invitando gentilmente il lettore a guardare il mondo attraverso gli occhi senza colpa del bambino che ognuno di noi si porta dentro. Certo, poi c’è chi, come Lennie, quello sguardo non se lo riuscirà mai a togliere dalle ciglia e finirà per essere la conclusione drammatica di un’esistenza sconclusionata. Ma tu questo già lo sai, perciò grazie John, per avermi spaccato il muso con i pugni carichi di ingiustizia, di incomprensione, di brutalità.

Mai come oggi ne avevo bisogno.

Non vedo l’ora di farmi calpestare da un’altra tua storia.

Mi sono chiesta spesso cosa ti rendesse così speciale e, dopo aver conosciuto Lennie e George, credo di averlo finalmente capito: la facilità con cui rendi accessibile, in una manciata di pagine, il dolore sordo e lancinante che permea l’esistenza di ognuno di noi.

A presto, John.




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